1. La recente acquisizione di un'ampia raccolta di documenti, sequestrati per disposizione dell'Autorità giudiziaria di Milano presso l'ufficio romano dell'ex Presidente del Consiglio Bettino Craxi e trasmessi al Comitato parlamentare per i Servizi di informazione e sicurezza e per il segreto di Stato, dà luogo ad alcuni rilievi e valutazioni che il Comitato intende sottoporre con immediatezza al giudizio del Parlamento.
Il sequestro è avvenuto in data 8 luglio 1995, nella sede della organizzazione "Giovane Italia". È stato lo stesso on. Craxi, in un colloquio telefonico con il dottor Paolo Ielo, avvenuto nel corso della perquisizione, ad indicare come propri i locali dell'associazione e gli apparecchi esistenti presso di essa, confermando così che anche le carte là rinvenute erano a lui riconducibili.
Vista la natura di esse, la Procura di Milano ha ritenuto che il Comitato fosse competente ad esercitare un proprio controllo ed ha offerto tutti gli elementi a ciò necessari, con encomiabile tempestività e con spirito di collaborazione istituzionale.
2. Nei tre faldoni che contengono 3849 pagine sono compresi materiali tra loro diversi. Si tratta in larghissima parte di informazioni: alcune tratte da documenti ufficiali o comunque custoditi in uffici pubblici, altre di incerta origine o incluse in comunicazioni private.
Tra le informazioni offerte da documenti ufficiali si segnalano:
a) quelle provenienti dal SISDe e relative a delitti del terrorismo rosso;
b) quelle relative alla loggia massonica P2 e alle deviazioni dei Servizi di informazione e sicurezza, tratte da una serie di passi della requisitoria del dottor Libero Mancuso nel processo di primo grado per la strage del 2 agosto 1980 (la requisitoria è del 14 maggio 1986: i passi sono stati stralciati seguendo un filo logico e sottoposti all'allora Presidente del Consiglio);
c) quelle, provenienti dal CESIS in data 7 marzo 1985, che si riferiscono ad un caso di apposizione del segreto di stato, nel procedimento penale per strage riguardante il terrorista nero Augusto Cauchi: la decisione, sollecitata allora dal vertice del SISMi, fu assunta da Craxi in qualità di Presidente del Consiglio (il segreto si riferiva all'identità di informatori del SISMi, vicini a Licio Gelli ed in collegamento con il capocentro di Firenze, Federigo Mannucci Benincasa; la posizione di quegli informatori e i rapporti Cauchi-Gelli non sono stati finora chiariti, sebbene il segreto sia stato tolto nel 1991; e certamente il ritardo ha nuociuto alle indagini).
3. I documenti sul terrorismo rosso riguardano la fase terminale del fenomeno brigatista. L'ex Presidente del Consiglio ha conservato, oltre a un corposo materiale propagandistico proveniente dai gruppi terroristici, anche una serie di analisi elaborate dal SISDe.
In particolare sono stati rinvenuti:
a) un documento SISDe e un appunto del Capo della polizia sull'omicidio del professor Tarantelli avvenuto il 27 marzo 1985, con alcune dettagliate informazioni sull'impegno politico e culturale di questo studioso (sono elencati i convegni ai quali aveva partecipato e perfino le critiche avanzate alle sue tesi nel corso di una tavola rotonda: evidentemente l'attenzione al suo lavoro che sembra, sulla base di queste note, essere stata precedente all'assassinio, non era giunta fino ad avvertire la necessità di proteggerlo);
b) un documento SISDe sull'omicidio di Lando Conti, avvenuto il 10 febbraio 1986;
c) un documento SISDe sull'attentato ad Antonio Da Empoli, avvenuto il 21 febbraio 1986.
Assieme a queste carte, l'on. Craxi conservava il comunicato del Partito comunista combattente sulla uccisione del senatore Roberto Ruffilli, avvenuta il 16 aprile 1988; un ritaglio di stampa e una lettera personale e amichevole a lui indirizzata da Toni Negri il 10 febbraio 1982, sulle posizioni che allora emergevano all'interno delle carceri tra gli imputati di terrorismo; un opuscolo a contenuto ideologico del 1981, elaborato da un sedicente «Collettivo marxiano-comunista» e - in correlazione con questo - un ritaglio di stampa relativo all'esistenza di «stretti legami a Rovigo tra fascisti e autonomi».
4. Per quel che riguarda le carte ufficialmente trasmesse dai Servizi, non spetta al Comitato, ma all'Autorità giudiziaria stabilire se si tratti di documenti classificati e se sia lecito averli conservati in un ufficio privato. Al Comitato compete, in ogni caso, la valutazione della rispondenza di ciascun atto ai fini istituzionali.
Di natura completamente diversa sono invece le numerosissime note informative di cui era in possesso l'on. Craxi e che sono contenute in appunti privi di qualsiasi sigla o firma. Risulta anzitutto evidente che si tratta di insinuazioni, volte a gettare ombre su esponenti della vita pubblica, offrendo la possibilità di attaccarli e di delegittimare la loro azione. Siamo di fronte a notizie prive di riscontri. Di alcune di esse, pubblicizzate dallo stesso Craxi, è stato già ampiamente dimostrato il carattere calunnioso.
C'è da domandarsi quale sia l'origine e quale, di volta in volta, la finalità di questi appunti anonimi, commissionati e ottenuti con lo scopo di creare veleni e per disporre, nella lotta politica, di strumenti di disinformazione e di pressione sleale sugli interlocutori e sugli avversari.
A giudizio del Comitato, una parte del materiale presenta caratteristiche tali da far ritenere che esso possa provenire dall'interno dei Servizi di informazione e sicurezza.
Inoltre, sono i contenuti peculiari di alcuni tra i documenti sequestrati e la tecnica espositiva adoperata a far credere legittimamente che essi non siano il frutto di occasionali collaborazioni private, ma che possano aver avuto una origine interna agli apparati di sicurezza.
Su questi aspetti della documentazione occorre che si faccia piena luce.
5. Il Comitato parlamentare ha il compito di vigilare sulle attività che si svolgono nell'ambito dei Servizi e sulla loro corrispondenza alle finalità istituzionali. I criteri in base ai quali il Comitato formula le proprie valutazioni discendono dai princìpi costituzionali e dalle norme fissate nella
legge n. 801 del 1977.
Sotto il controllo del Comitato ricadono le attività proprie dei Servizi. Possono essere oggetto di esame, sulla base della legge, le operazioni compiute (quando esse si siano definitivamente concluse) e la relativa produzione di informazioni (fatta salva la copertura delle fonti e degli agenti). Di tutto ciò si dovrebbe conservare un'affidabile memoria negli archivi, proprio perché il controllo possa essere più tardi esercitato.
In questa prospettiva, il Comitato ha uno specifico interesse ad individuare e segnalare al Parlamento, ogni volta che ne abbia notizia, le iniziative illegittime realizzate nell'ambito degli apparati di sicurezza. Il controllo è tanto più efficace quanto più è in grado di mettere a nudo le deviazioni, affinché vengano rimossi i responsabili e vengano modificate le regole che hanno reso possibili gli abusi.
Tra le attività illegittime vi è certamente la composizione di appunti riservati e di dossiers, ad opera di appartenenti ai Servizi, con lo scopo di costruire strumenti di disinformazione, di pressione politica o addirittura di ricatto. Non mancano, per il passato, esempi della elaborazione e dell'uso di questo tipo di documenti. I vecchi fascicoli del SIFAR, finiti in parte nelle mani di Licio Gelli, servivano proprio alla disinformazione e al ricatto.
Come il Comitato ha già rilevato nel «Primo rapporto sul sistema di informazione e sicurezza», la distorsione e la strumentalizzazione delle attività informative per scopi di parte ed extra-istituzionali erano rese possibili da una gestione arbitraria degli archivi, volutamente sottratta a ogni criterio certo e controllabile.
La funzione degli archivi dovrebbe essere quella di raccogliere puntualmente tutti i documenti prodotti, in base a criteri e con modalità tali da consentirne il reperimento. Ma non si può dire che nell'arco degli ultimi decenni questa funzione si sia correttamente realizzata. Anzi, sono state frequenti le manipolazioni, i depistaggi, gli episodi di informazioni occultate, di fascicoli relativi a fatti di eversione che riapparivano a distanza di anni, dopo che ne era stata negata l'esistenza
(1) .
In particolare, è invalsa l'abitudine di riversare i risultati delle attività informative in appunti non protocollati né il più delle volte siglati, in modo che la loro origine non sia esattamente identificabile. Si tratta, come il Comitato ha potuto verificare in numerosi casi, di note informative accompagnate da lettere di trasmissione, ma tali da poter essere destinate autonomamente, a seconda dei casi e delle convenienze, all'uno o all'altro incartamento.
Ciò evidentemente rende assai difficile ogni controllo.
È opportuno ricordare che era proprio questo lo schema di composizione dei dossiers relativi a partiti e a esponenti politici, rinvenuti negli archivi dei Servizi, concernenti il periodo 1977-1981 e di cui fu ordinata la distruzione nel 1987, in seguito a una disposizione del presidente del Consiglio Goria. Alcuni di quei fascicoli, che mostravano di avere una rilevanza penale, sono stati acquisiti dall'Autorità giudiziaria e poi da questa trasmessi al Comitato. Essi contenevano notizie, voci incontrollate e pettegolezzi sulle vicende politiche italiane, per scopi molto lontani da quelli istituzionali. Appariva chiaro che erano stati raccolti a vantaggio di gruppi interni allo schieramento di governo.
Il medesimo schema - sia per quanto riguarda la disposizione formale delle carte, sia in qualche caso per i contenuti estranei ai fini istituzionali - si ritrova nei 21 fascicoli del SISDe, riguardanti esponenti politici, e impiantati nel periodo di direzione del prefetto Domenico Salazar (10 agosto 1993 - 12 luglio 1994). Ad essi il Comitato parlamentare ha dedicato un'apposita Relazione presentata alle Camere il 27 luglio 1995 (Doc. XXXIV n. 2). Anche in questo caso siamo di fronte ad appunti anonimi, conservati in uno stato di estremo disordine, tanto da non poter escludere una manipolazione dei fascicoli e una sottrazione di fogli.
Almeno per due documenti anonimi conservati da Craxi - una nota sulla «Operazione Gladio» e una che contiene riferimenti cifrati, nella quale cioè si parla di persone non nominate, ma individuate con numeri e asterischi - sembra indubbia la provenienza dall'ambiente dei Servizi. È opportuno esaminare questi documenti per primi. Essi hanno comunque la stessa ispirazione e la stessa funzione di tutti gli altri: richiamano fatti che si presumono non noti, anzi segreti, e la cui divulgazione può servire a denigrare gli avversari. In generale, molti tra i documenti presentano caratteristiche di struttura e linguaggio assai simili a quelle dei dossiers illegittimi o irregolari che il Comitato ha avuto in passato occasione di conoscere.
6. L'appunto dal titolo «Operazione Gladio» si riferisce a vicende e attività del Servizio segreto militare, in gran parte ancora oggi oscure. Questa nota - al di là della rozzezza del linguaggio - rivela un duplice scopo: fornire argomenti e notizie riservate utilizzabili contro l'on. Giulio Andreotti, che aveva svelato l'esistenza della struttura Gladio, e al tempo stesso di dare di questa una visione riduttiva.
«Tale presunta operazione - è scritto - che è prevista peraltro fin dal 1949, sia pure sotto il nome di codice diverso, ricorda tanto quella con cui l'on. Andreotti provvide a buttare per aria i Servizi quando voleva riassumerne il controllo completo (caso Miceli-Maletti). L'on. Andreotti sottoscrisse infatti, già all'inizio degli anni sessanta, quale Ministro della difesa, i piani segreti NATO per contrastare un'eventuale invasione da parte russa e gli uomini che hanno seguito quest'aspetto, peraltro del tutto marginale dell'attività dei Servizi, sono sempre stati uomini a lui legati, finché l'ammiraglio Martini non ha provveduto a sostituirli con persone diverse».
Per sminuire la portata di Gladio si segnala inoltre l'esistenza, nel Servizio segreto militare, di una struttura simile, ma più occulta ed efficiente. «Un superservizio in realtà è sempre esistito, ma non è quello di cui si parla e aveva ed ha compiti informativi, non certo assegnati agli uomini della Gladio …».
L'appunto è databile tra la fine del 1990 e gli inizi del 1991: cioè nella fase in cui per ordine dell'on. Andreotti la struttura Gladio veniva smobilitata. Proprio allora si andava acuendo la tensione tra il Presidente del Consiglio e il direttore del SISMi, ammiraglio Martini, che sfocerà nella mancata proroga del trattenimento in servizio di questi e, quindi, in pratica, nel suo allontanamento dalla Direzione del SISMi in data 26 febbraio 1991. La tesi sostenuta è che Andreotti abbia compiuto qui la stessa operazione di liquidazione di alcuni centri di comando dei Servizi, già realizzata negli anni settanta. In particolare, nel 1974, egli aveva provocato una crisi nel SID, sia attraverso un'intervista a Massimo Caprara, per il settimanale «Il Mondo», rivelando la identità del neofascista Guido Giannettini, confidente del Servizio, sia attraverso iniziative contro il generale Vito Miceli (allora Direttore del SID), in rapporto alle vicende del cosiddetto golpe Borghese e della «Rosa dei venti», sia offrendo, dal marzo 1974, come Ministro della difesa, un attivo sostegno al generale Gianadelio Maletti (allora Capo dell'Ufficio D), nello scontro interno che lo contrapponeva a Miceli.
L'accenno ai piani segreti NATO, sottoscritti da Andreotti, pur nella sua genericità, deve riferirsi a due episodi, concernenti collegamenti di Gladio nel quadro NATO. Il primo è del giugno 1959: il Servizio italiano entrò allora a far parte del «Comitato di pianificazione e coordinamento», organo di SHAPE
(2) . Il secondo del 1964: in quell'anno il Servizio entrò a far parte del «Comitato clandestino alleato (ACC)», emanazione del suddetto Comitato di pianificazione e coordinamento e costituito tra paesi che intendevano organizzare una resistenza sul proprio territorio, in caso di aggressione dell'est e, a quanto sembra, anche nell'eventualità di «sovvertimenti interni»
(3) . Quando furono realizzate queste due intese con gli alleati, il Ministro della difesa era l'on. Andreotti. Dunque egli sapeva e questo è un argomento da usare contro di lui.
Rispetto agli accertamenti che sono stati in varie sedi condotti, la nota contiene due notizie all'apparenza nuove:
a) la nascita di Gladio nel 1949;
b) l'esistenza di un «superservizio».
Sul primo punto, occorre ricordare che nel protocollo d'intesa tra il Servizio italiano e quello statunitense del 26 novembre 1956, per la costituzione di Gladio, vi era stato un esplicito riferimento ad accordi preesistenti. Nella relazione inviata dal presidente del Consiglio Andreotti alla Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo e sulle stragi il 17 ottobre 1990, verrà segnalato che con quella intesa tra SIFAR e CIA erano stati «confermati tutti i precedenti impegni intervenuti nella materia tra Italia e Stati Uniti». In base a quanto risulta dalle indagini giudiziarie è fuor di dubbio che in epoca precedente alla creazione di Gladio sia esistita un'altra organizzazione denominata «Duca», con le stesse finalità e struttura analoga, di cui sappiamo ben poco e che dovrebbe essere stata sciolta intorno al gennaio 1995 (ma in vari documenti acquisiti dall'Autorità giudiziaria si parla di organizzazione «Duca - Gladio»)
(4) .
Sul secondo punto, va sottolineato che la notizia della esistenza di un superorganismo occulto all'interno del Servizio segreto militare non poteva considerarsi nel 1990-1991 del tutto inedita, essendo già più di una volta affiorata nella tormentata vicenda delle indagini giudiziarie sui fenomeni di eversione e di deviazione degli apparati dello Stato. Alcune testimonianze a proposito di una struttura occulta operante nel SID furono raccolte nel 1974 dal giudice Giovanni Tamburino che indagava sulla organizzazione eversiva «Rosa dei venti». Il 14 dicembre 1977, il generale Vito Miceli, interrogato nel processo per il golpe Borghese, che si svolgeva davanti alla Corte d'assise di Roma, ammise esplicitamente l'esistenza di un organismo occulto nell'ambito del Servizio segreto italiano. Vi fu anche una specifica indagine giudiziaria conclusasi con l'archiviazione in data 22 febbraio 1980. Il presidente del Consiglio Andreotti aveva risposto, il 4 ottobre 1978, all'interpello della Procura della Repubblica di Roma, escludendo con una formula estremamente ambigua l'esistenza dell'organismo occulto.
La questione riemerse proprio quando fu portata alla luce la struttura Gladio ed è tuttora oggetto di accertamenti da parte dell'Autorità giudiziaria. Tra l'altro, l'istruttoria condotta dal giudice istruttore di Milano Guido Salvini, relativa ad attentati collegati con la strage di piazza Fontana, ha individuato l'esistenza di una struttura clandestina predisposta ad attività di guerriglia (e denominata «Nuclei di difesa dello Stato»), che sarebbe stata coinvolta in azioni terroristiche e i cui componenti erano reclutati nell'ambiente della destra eversiva. Il giudice istruttore di Milano ha deciso la trasmissione degli atti alla Procura di Roma per i necessari approfondimenti, anche riguardo alle eventuali connessioni con Gladio.
L'appunto in possesso dell'on. Craxi si riferisce a questo groviglio di situazioni non chiarite. Ed è anzi questa, ad avviso del Comitato, un'occasione per sottolineare come troppe volte nel passato sia stato assente l'impegno del Governo a conoscere la verità e sia mancata una leale collaborazione con l'Autorità giudiziaria. Perciò oggi è necessario un orientamento nuovo che rompa la continuità con quel passato.
L'appunto inoltre contiene implicitamente un elogio dell'ammiraglio Martini che avrebbe contrastato il potere di Andreotti. L'autore conclude scrivendo: «… poiché raccontarle lo sviluppo di tutta questa storia comporterebbe svariate cartelle, oltre l'uso di dati classificati COSMIC, resto a sua disposizione per farlo ove ella ne avvertisse la necessità. Allo stato attuale mi bastava significarle la mia idea, peraltro condivisa nel mio ambiente, che Andreotti stia agendo unicamente per riunificare il Servizio (esigenza sempre più imprescindibile) sotto mano a lui fedele».
Queste frasi inducono a credere che l'estensore dell'appunto fosse inserito (tra la fine del 1990 e gli inizi del 1991) nelle sfere più elevate del Servizio informativo militare. Peraltro l'on. Craxi, nell'audizione svoltasi davanti al Comitato il 28 novembre 1990, pur ribadendo la propria piena fiducia personale nei confronti di Martini (che aveva nominato capo del SISMi), dichiarò di non aver mai avuto, quando era Presidente del Consiglio, una effettiva conoscenza della struttura Gladio né delle sue attività e dei suoi collegamenti in ambito NATO, sottolineando la limitatezza e il carattere formale dei controlli previsti in questa materia.
L'appunto esaminato dimostra come, al momento opportuno, il segretario del PSI potesse ottenere notizie più precise (anche se manipolate, in relazione alle manovre politiche a cui servivano) dall'interno del Servizio. Il Comitato ritiene che proprio in questo quadro di controlli insufficienti e di deleghe in bianco siano maturate le deviazioni più gravi nella complessiva esperienza dei Servizi e si siano determinati rapporti anomali ed extraistituzionali tra esponenti politici del sistema di governo (come era l'on. Craxi) e funzionari chiamati a dirigere questi apparati.
7. La denigrazione degli avversari è la finalità posta a base di un altro documento che contiene riferimenti cifrati.
Esso segnala incontri di dirigenti del Partito comunista italiano, tra i quali Enrico Berlinguer, con persone che vengono indicate mediante numeri. Non è chiaro se si tratti di notizie indirette, aggiustate o inventate, oppure del risultato di una vera e propria attività di pedinamento. È assai grave che, in una recente intervista a un organo di stampa, l'ammiraglio Martini abbia voluto fornire una inaccettabile giustificazione di simili attività di controllo ad opera dei Servizi, realizzate nei confronti di esponenti politici e parlamentari.
Questi appunti sono ovviamente databili nella prima metà degli anni ottanta (prima della morte di Berlinguer, che è del giungo 1984, e in una fase in cui egli era nettamente schierato contro la politica craxiana).
Si richiama la vicenda del prestito del Banco Ambrosiano a favore del quotidiano Paese Sera e si comunica che un ex giornalista di quella testata, rimasto senza lavoro, sarebbe pronto a parlare dei finanziamenti al PCI.
Una nota cifrata e altrettanto oscura, nello stesso foglio, si riferisce a presunte informazioni utilizzabili contro il ministro del lavoro Franco Marini; e vi è infine un cenno a foto e filmini, che sarebbero nelle mani di una persona, anch'essa indicata soltanto con un numero.
I termini usati e la configurazione del documento portano a ritenere che esso abbia origine all'interno di uno dei Servizi di informazione e sicurezza e che i nomi coperti da cifre siano quelli di uomini collegati con la struttura, i quali hanno collaborato alla raccolta di notizie manipolate o costruite artificialmente contro determinati obiettivi politici. L'appunto sul ministro Marini, a differenza degli altri inseriti nel documento, è di epoca recente. È sicuramente posteriore al 13 aprile 1991 (data di nomina del Ministro che rimase in carica fino al 22 aprile 1992) e può essere ancora più vicino nel tempo. È verosimile che l'onorevole Marini sia divenuto oggetto di particolare attenzione, quando ha assunto funzioni di direzione del Partito popolare, vale a dire nel 1994.
8. Vi sono poi alcuni documenti che contengono voci e affermazioni infamanti, in gran parte già emerse negli anni ottanta e in vario modo connesse con le operazioni di intossicazione informativa che si sono sviluppate attorno alla loggia massonica P2.
Un dossier, costituito da quattro documenti, si riferisce al caso delle tangenti che, alla fine degli anni settanta, sarebbero state pagate a esponenti politici italiani sulle importazioni di petrolio greggio dall'Arabia Saudita. Al centro dell'affare erano l'ENI e i suoi dirigenti. Il dossier contiene anzitutto un Appunto anonimo, del 27 febbraio 1980, redatto in una forma che è consueta per i Servizi, identica a quella di altri documenti irregolari già in possesso del Comitato. Anzi, nei fascicoli illegittimi del periodo 1977-1981, sono comprese alcune note anonime dello stesso genere redatte tra l'autunno 1979 e i primi mesi del 1980, inviate al CESIS, che si riferiscono a questa vicenda, in rapporto alla politica del PSI. «Il caso delle tangenti ENI - è scritto nel testo - starebbe per tornare alla ribalta. Questa volta sarebbe corredato da elementi più particolareggiati di quanto non lo fosse prima. Colui che avrebbe in mano tutta la faccenda sarebbe il giornalista Zicari, capo ufficio stampa di Monti». La nota si riferisce a un vero e proprio conflitto che si stava svolgendo per il controllo dell'ENI. Le informazioni sui percettori delle tangenti (come quelle che sembravano in possesso di Zicari, il cui nome risulterà nelle liste della P2) servivano come armi nel conflitto. Il dossier comprende altri documenti che riguardano le vicende interne dell'ENI, in particolare l'allontanamento di Mazzanti e la nomina di Grandi come presidente e di Leonardo Di Donna come vicepresidente (altro nome incluso nelle liste P2). Craxi ha raccolto notizie o pseudo-notizie utili per intervenire in questo scontro di potere e perfino un anonimo a carico di Di Donna, del quale questi appunti segnalavano, nei primi mesi del 1980, il progressivo avvicinamento alla segreteria del PSI.
9. Tra le carte conservate fino ad oggi vi è una lettera di Francesco Pazienza. Già «collaboratore» del SISMi e tra gli «affiliati coperti» del Grande Oriente d'Italia, legato ad ambienti mafiosi e a esponenti della banda della Magliana, egli era stato al vertice di una catena di comando parallela nel Servizio segreto militare, realizzatasi ai tempi in cui questo era diretto dal generale Santovito e sostanzialmente controllato dalla P2. La lettera, piena di insinuazioni e dal tono ricattatorio, risulta inviata il 7 febbraio 1983 a Eugenio Scalfari e non può che provenire dallo stesso Pazienza. Altre affermazioni calunniose contro Scalfari sono contenute in un appunto anonimo dal titolo «Scandalo Flavio Carboni (1980-1989)», più vicino nel tempo, redatto con il medesimo stile della lettera e che può avere identica origine.
10. L'interesse ancora attuale di Craxi per le vicende della P2 è dimostrato da un promemoria, scritto di recente per difendersi dalle accuse relative al conto «Protezione» e ai rapporti con Gelli.
Egli ha inoltre conservato un lungo documento riguardante quella loggia massonica. Il testo è stato certamente redatto tra la tarda primavera e l'inizio dell'estate 1984
(5) . Contiene l'annotazione a mano «Copia fu data ad Andò».
L'autore intende dimostrare che Licio Gelli sia stato collegato al PCI e che sia stato un agente manovrato dai Servizi segreti sovietici. Per sostenere questa tesi, viene taciuto il fatto, documentalmente certo, che Gelli è stato, durante l'ultimo periodo della guerra, collaboratore a Pistoia del Counter Intelligence Center, organo periferico dell'OSS (Office of Strategic Services), il Servizio statunitense addetto alle informazioni, al controspionaggio e ad attività oltre le linee nemiche
(6) .
Si ricostruiscono inoltre le vicende che hanno portato Gelli ad occupare in breve tempo il posto di primo piano nella massoneria (e precisamente nel Grande Oriente d'Italia). Si sostiene come, in tutti gli affari di cui è stato partecipe, egli abbia sempre mantenuto una propria autonomia, «senza mai dipendere direttamente da nessuno».
Si approda così a un visione riduttiva e fuorviante del sistema piduista, con la quale, tra l'altro, si sdrammatizza il fatto che di quella loggia facessero parte tutti i Capi dei Servizi segreti.
11. Una testimonianza del collegamento con settori dei Servizi, che forniscono materiale informativo a Craxi, si trova in un promemoria scritto da lui stesso a proposito dello scandalo che aveva coinvolto nel 1983 alcuni amministratori socialisti di Torino. Vengono raccolte notizie sugli accusatori: Adriano Zampini, che con le sue deposizioni ha consentito ai magistrati di smascherare un complesso ed esteso sistema di tangenti, e l'ingegner De Leo, il primo a sporgere denuncia contro quegli amministratori, su consiglio del sindaco Novelli. In particolare, il promemoria contiene ragguagli sul loro passato politico e sui loro affari. Si indica espressamente che queste notizie provengono dai Servizi. Si mette insieme tutto ciò che è possibile (compresa l'insinuazione che il magistrato al quale la denuncia è consegnata sia prevenuto e di parte) allo scopo di delegittimare il processo penale.
12. Numerosi appunti, nella solita forma anonima, contengono accuse contro il PCI, fino all'inizio degli anni novanta, e poi contro il PDS e i suoi dirigenti.
Si ricordano ulteriormente i prestiti effettuati dal Banco Ambrosiano, a cui si riferiva l'appunto cifrato già preso in esame. Con particolare attenzione vengono raccolti dati e notizie che possano attestare finanziamenti dall'Unione Sovietica al PCI. Inoltre, sui rapporti tra i due partiti, sono conservati documenti non recenti, provenienti dall'Unione Sovietica.
Alcune note sono dedicate alle cosiddette cooperative rosse, alle quali si afferma che spetterebbe, pressoché ovunque, una quota fissa di appalti pubblici, pari al venti per cento del totale, grazie ad un accordo tra politici e imprenditori, di cui sarebbe stato parte prima il PCI e poi il PDS.
Si segnala il fatto che i dirigenti del PCI e del PDS abbiano compiuto, in passato, viaggi nell'Unione Sovietica.
Si descrivono numerosi affari con i paesi dell'est che avrebbero procurato vantaggi a società collegate con il PCI. Infine, si passano in rassegna le difficoltà che sarebbero state da più parti frapposte alle indagini sul «fronte rosso», condotte dalla dottoressa Tiziana Parenti.
È evidente la ricerca di elementi idonei a dimostrare che la corruzione e il finanziamento illecito erano comuni a tutti i partiti. In massima parte, si tratta di documenti già noti, in relazione ai quali sono stati svolti accertamenti giudiziari. In qualche caso si è perfino proceduto per calunnia contro Craxi.
13. Altre note, in cui si descrivono pretese attività illecite, riguardano invece esponenti politici del PSI, tra i quali Claudio Martelli e Ottaviano Del Turco. Provenienti da ambienti del partito, queste informazioni servono come mezzi di lotta politica interna e sono state con ogni probabilità utilizzate (per Del Turco anche pubblicamente), tra il 1992 e il 1993, in una fase nella quale il partito esisteva ancora e Craxi cercava di neutralizzare in ogni modo i suoi possibili successori.
14. Un appunto anonimo, su un foglio senza intestazione, riguarda la Lega Nord e precisamente l'acquisto della sede di questo movimento a Milano. Lo schema è sempre quello dei fogli volanti e privi di intestazione, presenti in larga quantità, come si è detto, nei fascicoli dei Servizi e che possono facilmente sparire senza lasciar traccia.
In questo caso vengono raccolte notizie sul prezzo dell'immobile acquistato, sulle persone intervenute nella operazione, sui loro collegamenti e sui loro trascorsi, evidentemente alla ricerca di qualche elemento da usare contro la Lega.
15. Una scheda di tre pagine, senza firma né intestazione, riferisce dati informativi sul professor Romano Prodi e sulla sua gestione dell'IRI. Si valuta negativamente tale gestione e si sollevano dubbi sulla sua correttezza.
16. Due brevi dossiers sono dedicati a due associazioni milanesi: «Società civile», facente capo al professor Nando Dalla Chiesa e «Proposta nuova», facente capo all'onorevole Ombretta Fumagalli Carulli.
Il primo è siglato «F.F.»: ricostruisce la storia di «Società civile» e ricorda alcuni degli aderenti, con una puntigliosa elencazione dei magistrati che hanno partecipato alle sue iniziative. Tra questi viene segnalato il dottor Antonio Di Pietro, si insiste sui suoi viaggi negli Stati Uniti (uno dei quali in compagnia del professor Dalla Chiesa), come se celassero trame misteriose, e si insinua che nelle indagini giudiziarie sulla corruzione abbiano ottenuto un trattamento di favore gli esponenti politici che avevano rapporti con l'associazione.
Il secondo dossier utilizza notizie che non possono venire se non dall'interno dell'Associazione. Chi può averle raccolte? L'appunto anonimo è particolarmente dettagliato. Viene illustrato l'assetto organizzativo di «Proposta nuova» e si indica come di essa abbiano fatto parte, con la onorevole Fumagalli, il dottor Di Pietro e il consigliere comunale Radice Fossati.
In entrambi i casi, appare chiara la ricerca di spunti che servano all'attacco contro i magistrati del pool milanese e soprattutto contro il dottor Di Pietro.
17. Uno speciale rilievo assume il materiale riguardante i magistrati. Esso si inquadra in un contesto di scritti e di annotazioni che definiscono l'azione condotta da varie Autorità giudiziarie contro il sistema della corruzione, come una specie di colpo di Stato: non come la riaffermazione dei diritti negati, dopo una lunga fase di illeciti commessi da esponenti politici, ma piuttosto come un cumulo di illegalità.
Tale denuncia, peraltro, rimane genericamente sullo sfondo. Non viene contestato in questi scritti il merito delle azioni penali. A parte una lunga memoria, databile nel 1993, che figura in due diverse stesure, entrambe recanti all'inizio l'intestazione «Previti», ove si sostiene che il Parlamento dovrebbe programmaticamente negare tutte le autorizzazioni a procedere per ristabilire un equilibrio tra i poteri, non vi sono note che effettivamente riguardino l'esercizio della giurisdizione. Tutto l'impegno è altrove ed è volto a delegittimare i magistrati. Per fermarli si ricorre alla disinformazione, alle insinuazioni spesso inverificabili e perciò capaci di lasciare comunque un segno negativo. Il tutto alla ricerca di eventuali punti deboli (o che appaiano tali) nella vita personale di chi si vuole colpire.
La posta in gioco, per chi come l'on. Craxi è incalzato da numerosi procedimenti penali, è assai alta. Proprio per questo, la fabbricazione degli strumenti informativi da usare nell'attacco presuppone un lavoro complesso e sofisticato.
18. Una nota anonima in diciotto paragrafi contiene accuse di scorrettezza, rivolte al sostituto procuratore della Repubblica di Roma dottor Vittorio Paraggio e al procuratore della Repubblica dottor Vittorio Mele per una trasferta giudiziaria in Perù che si sarebbe protratta troppo a lungo. Il dottor Paraggio è stato titolare dell'inchiesta sulla cooperazione, che concerneva tra l'altro i rapporti Italia-Perù, e in questo ambito le relazioni intercorse tra l'on. Craxi e l'ex presidente del Consiglio peruviano Alan Garcia, sottoposto nel suo paese a procedimento penale per fatti di corruzione.
Vengono utilizzate e manipolate notizie provenienti dal Perù e Craxi sembra al corrente di tutti i movimenti dei due magistrati.
19. A proposito del dottor Di Pietro, occorre sottolineare che in queste carte egli è più volte indicato come un vero e proprio nemico, con il quale non si può venire a patti. Non mancano anzi gli accenni polemici alla posizione del senatore Cossiga, e alla benevolenza mostrata nei confronti del magistrato. Tuttavia, è lo stesso on. Craxi, in una lettera inviata al suo avvocato il 22 giugno 1995, ad affermare che nel 1992, con la mediazione del presidente del Consiglio Giuliano Amato e su iniziativa del capo della polizia Vincenzo Parisi, si sarebbe stabilita una sorta di intesa con il dottor Di Pietro e che ciò avrebbe indotto il Segretario del PSI a non dire ciò che già sapeva e a non portare fino in fondo le sue critiche e le sue denunce contro gli abusi giudiziari commessi da quel magistrato.
In realtà questo preteso accordo non sembra aver prodotto alcun risultato. I procedimenti penali sono anzi andati avanti, senza riguardi per Craxi e per i suoi amici. Sebbene la raccolta di elementi informativi per denigrare Di Pietro sia cominciata presto (i dossiers già circolano nel 1993), un vero e proprio attacco frontale si scatena soltanto nel 1994. Durante questo anno si preciseranno le insinuazioni e si farà ricorso ad un elemento informativo nuovo, prima usato riservatamente per esercitare pressioni sul magistrato, e solo recentemente divenuto pubblico.
20. Tra le carte di via Boezio, vi sono diversi appunti relativi al dottor Di Pietro, con notizie che si riferiscono a tre filoni di ricerca:
anzitutto all'epoca in cui - prima di divenire magistrato - egli era nella polizia di Stato;
in secondo luogo alle amicizie che egli aveva stretto e coltivato a Milano;
in terzo luogo alle modalità con le quali, dal 1992 in avanti, egli aveva condotto le indagini sui fatti di corruzione.
Per quanto concerne il periodo più lontano, le note in possesso di Craxi tentano di suggerire un collegamento tra l'attività di Di Pietro quando era in polizia e le vicende dell'autoparco, sede, come è noto, di traffici illeciti e punto di riferimento di attività mafiose nel centro-nord. Uno degli appunti - redatti in una forma che è consueta per i Servizi - afferma, tra l'altro, che il procuratore della Repubblica Borrelli «non poteva non vedere quello che avveniva all'autoparco di Milano» ed avanza dubbi sul comportamento di altri magistrati. Si tratta di affermazioni prive di riscontro e talvolta inverosimili.
Il secondo filone è rappresentato dalle amicizie e dai rapporti personali del dottor Di Pietro. In particolare, gli appunti insistono sul suo rapporto con l'avvocato Lucibello che fin dall'inizio delle indagini sarebbe stato molto vicino al magistrato, con interessi economici in comune, tanto da esercitare un condizionamento su di lui.
Il terzo filone comprende la denuncia di favoritismi e di un atteggiamento non equo nei confronti degli indagati: alcuni di loro avrebbero evitato il carcere o l'avrebbero subìto per pochissimo tempo, altri sarebbero stati trattati assai più duramente.
Caratteristico di tutti questi appunti è il fatto che essi non siano raccolti a fini di giustizia, che non vengano usati per chiedere l'intervento della magistratura competente, ma piuttosto per spargere veleno, per cercare di intimidire il magistrato che si considera nemico, per demolirne l'immagine.
Una novità interviene nel 1994. Andando al di là delle generiche denunce già note, relative ai collegamenti di Di Pietro con professionisti e imprenditori, le informazioni riguardano ora un fatto che si presenta come oggettivo. Tra il febbraio e il maggio 1992, nella fase cruciale delle indagini che hanno fatto esplodere il sistema di Tangentopoli, Di Pietro avrebbe effettuato una serie di telefonate, in particolare con gli avvocati Lucibello e D'Adamo, i quali a loro volta avrebbero avuto contatti telefonici con persone coinvolte nei reati su cui vertevano le indagini, il tutto attraverso apparecchi cellulari.
Il riferimento alle telefonate è contenuto per la prima volta in una lettera dal tono intimidatorio, indirizzata dall'on. Craxi al dottor Di Pietro, il 25 febbraio 1994. Essa in particolare contesta il trattamento di favore accordato ad alcuni indagati.
Ma l'elenco analitico di quelle telefonate fa parte di un dossier che ha costituito la base di avvio dell'attività ispettiva iniziata nell'autunno del 1994 a carico del dottor Di Pietro e chiusa il 7 dicembre, nel giorno successivo alle sue dimissioni. L'originale di quel dossier, mai protocollato, fu fatto distruggere dal Capo dell'ispettorato del Ministero di grazia e giustizia verso la fine di dicembre del 1994. Fotocopie di documenti in esso inclusi sono state poi trasmesse alla Procura della Repubblica di Brescia da uno degli ispettori.
Mentre l'indagine della Procura di Brescia era in corso, e la vicenda del dossier era già emersa, l'on. Craxi ha reso noto pubblicamente l'elenco delle telefonate, a cui aveva già fatto cenno nella sua missiva di febbraio indirizzata a Di Pietro e che era stato trascritto per intero nel dossier riservato fornito agli ispettori. Il 22 giugno 1995, in una lunga lettera all'avvocato Del Giudice, Craxi ha affermato che i tabulati relativi alle telefonate gli erano stati forniti dal prefetto Vincenzo Parisi.
Il Comitato, sulla base della documentazione in suo possesso, rileva che tra le carte conservate dall'on. Craxi e i documenti che componevano il dossier da cui è sorta l'ispezione, vi è una concordanza di ispirazione nonché la coincidenza di alcuni dati informativi. Al di là delle semplici voci e dei veleni, di cui abbiamo già visto numerosi esempi, sembra evidente, da parte di Craxi, il perseguimento di una specifica attività di controllo nei confronti del dottor Di Pietro e di altri soggetti che avevano rapporti con lui. Si è trattato probabilmente di una raccolta di dati relativi al traffico telefonico, che, in assenza di un provvedimento dell'Autorità giudiziaria, può essersi realizzata soltanto attraverso l'attività illegittima di uno o più funzionari della Telecom. Non può escludersi una intercettazione delle telefonate.
Comunque, anche la semplice acquisizione di tabulati delle telefonate, avvenute in un momento determinato e di particolare delicatezza delle indagini, è una iniziativa mirata: punta, come al solito, a sollevare sospetti e presuppone che i comportamenti e i contatti di Di Pietro fossero tenuti sotto un attento controllo. Craxi sostiene che per ottenere quei tabulati vi è stato un intervento della polizia. Getta così una pesante responsabilità sulle spalle del prefetto Parisi, scomparso alla fine del 1994. Ma le sue parole non trovano alcun riscontro.
Riguardo a questa vicenda è necessario raggiungere la massima chiarezza. L'acquisizione di dati relativi alle telefonate di più persone non è cosa tanto semplice, che chiunque possa realizzare. Ma è soprattutto impegnativa la scelta del momento e degli interlocutori. È possibile che settori o singoli uomini degli apparati dello Stato abbiano lavorato per costruire informazioni riservate su Di Pietro e per tenerlo sotto controllo? Il Comitato ritiene che ciò sia verosimile. È compito dell'Autorità giudiziaria indagare, come già del resto sta facendo, su questo punto e sulla eventuale compromissione di funzionari dei Servizi di informazione e sicurezza.
21. Le carte dell'on. Craxi appaiono come un vero e proprio arsenale dei veleni. Alcuni appunti anonimi sono molto recenti e quelli che con maggiore probabilità provengono dall'interno dei Servizi si collocano nei primi anni novanta.
Si tratta di un materiale fondamentalmente omogeneo. C'è una somiglianza di metodo e una continuità politica tra la disinformazione di impronta piduista dell'inizio degli anni ottanta (ad esempio le insinuazioni su Scalfari, le notizie fatte circolare sulle tangenti ENI) e i dossiers preparati, più di dieci anni dopo, contro i magistrati, in particolare contro il dottor Di Pietro.
Il casuale ritrovamento di questi frammenti di archivio nelle mani di un ex Presidente del Consiglio consente di conoscere e di valutare un aspetto sotterraneo e nascosto della lotta politica. Siamo di fronte non a strumenti di conoscenza da usare per una competizione leale, ma piuttosto ad armi di offesa: pseudo-informazioni che servono a lanciare avvertimenti oscuri, a ricattare, a incutere timore, a gettare ombre e sospetti.
Tutto questo ferisce la vita democratica. Le deviazioni dei Servizi di informazione e sicurezza che abbiamo conosciuto in passato dipendevano molto da questa lotta politica sotterranea. Le carte di Craxi rappresentano la conferma di un sistema. Resta da stabilire quanto di questi materiali provenga dall'interno di apparati dello Stato e di chi siano le responsabilità dei singoli comportamenti devianti. L'onorevole Craxi ha continuato a intrattenere rapporti con i Servizi, anche in anni recenti, come è dimostrato dal fatto che nelle agende sequestrate in via Boezio ricorrono più volte i nomi di funzionari di primo piano, soprattutto del SISDe, come Michele Finocchi o come il suo successore nella funzione di Capo di gabinetto, i cui nomi risultano in più annotazioni.
Al riguardo il Comitato ha richiesto agli attuali Direttori del SISMi e del SISDe e al responsabile del II Reparto della Guardia di finanza se risultassero attività informative e, di conseguenza, formazione di dossiers sul conto del dottor Di Pietro, ricevendone formale risposta negativa.
Il Comitato non ha oggi il potere di compiere un accertamento diretto sui rapporti tra i funzionari dei Servizi e chi ha condotto e conduce la lotta politica attraverso la disinformazione e le manovre occulte, ma si impegnerà a verificare autonomamente se sia stata svolta una attività informativa, evidentemente deviata, nei confronti del dottor Di Pietro. Su tutto ciò il Comitato potrà riferire nel contesto di una successiva relazione al Parlamento. Il Comitato può e deve chiedere all'Autorità di governo che un rigoroso controllo sia esercitato sugli archivi dei Servizi di informazione e sicurezza, per verificare se vi siano ancora tracce di attività illegittime. Alla magistratura spetta il compito di individuare chi abbia agito illecitamente e al Governo quello di cambiare strutture e uomini.
Se è vero che i veleni e le calunnie non devono essere posti a base della politica, occorre perciò anzitutto garantire che nessun settore o singolo componente degli apparati dello Stato sia indirizzato alla raccolta di questi veleni.
Tutta l'organizzazione degli archivi deve essere ristrutturata. La disposizione impartita dal presidente del Consiglio Dini di bloccare la distruzione dei documenti costituisce un primo passo. Occorre prevedere tassativamente che ciascun documento o appunto informativo sia registrato e che ne sia garantita la univoca classificazione, in modo tale che sia reperibile e che non possa essere spostato né occultato.
Il Comitato ribadisce l'urgenza di una riforma dei Servizi, che rafforzi da un lato la responsabilità politica dell'Autorità di governo, dall'altro il controllo parlamentare; e che si accompagni a un radicale mutamento nella composizione di questi apparati. Il cambiamento degli uomini, l'interruzione di prassi consolidate, la temporaneità della permanenza nel Servizio rappresentano fattori essenziali di innovazione.